sabato 14 maggio 2011

Vieni via con me

AUTORE: Roberto Saviano
GENERE: Saggio

TRAMA:

Otto capitoli, otto storie, un ritratto unico dell'Italia di oggi firmato dall'autore del bestseller internazionale Gomorra. Roberto Saviano scava dentro alcune delle ferite vecchie e nuove che affliggono il nostro Paese. Il mancato riconoscimento del valore dell'Unità nazionale, il subdolo meccanismo della macchina del fango, l’espansione della criminalità organizzata al Nord, l'infinita emergenza rifiuti a Napoli, le troppe tragedie annunciate. Accanto alla denuncia c’è anche il racconto – commosso e ammirato – di vite vissute con onestà e coraggio: la sfida senz'armi di don Giacomo Panizza alla ’ndrangheta calabrese, la lotta di Piergiorgio Welby in nome della vita e del diritto, la difesa della Costituzione di Piero Calamandrei. Esempi su cui possiamo ancora contare per risollevarci e costruire un’Italia diversa. Ideato e condotto da Roberto Saviano e Fabio Fazio, Vieni via con me è stato l'evento televisivo dell’anno, più seguito delle partite di Champions League e dei reality show. Ora Vieni via con me è un libro che rende di nuovo accessibili al pubblico queste storie in una forma ampiamente rivista e arricchita. Facendole diventare, ancora una volta, storie di tutti.


INCIPIT:
Ho tra le mani una bandiera italiana. La prima bandiera italiana, prima ancora che ci cucissero al centro lo scudo sabaudo.
Mi piace averla tra le dita perchè credo che sia qualcosa di più di un simbolo. Tutte le bandiere sono dei simboli, simboli in cui i popoli si riconoscono. Ma questa bandiera non è solo un simbolo, un oggetto utile a rappresentare l’unità del Paese.
Questa bandiera, mi piace ricordarlo soprattutto da meridionale, rappresenta anche l’idea di un Paese nato da un sogno. E’ la traccia di un sogno. Dietro il sangue, i moti, i personaggi, le date, noi italiani abbiamo una fortuna: a differenza di quanto è accaduto in Spagna, in Francia, in Germania, l’Unità d’Italia è stata una sogno, non un semplice progetto, non solo un patto tra nobili. Nella testa di Mazzini, nelle lezioni di Pisacane, nel sogno di centinaia e migliaia di pensatori repubblicani, di unitaristi, l’Italia unita non era semplicemente l’unione di regioni geograficamente vicine e nemmeno, com’è capitato in altri Paesi, un’intesa di aristocrazione o di gruppi di potere.
Nella testa di quegli uomini, L’unità d’Italia era la sola condizione per emancipare dall’ingiustizia il popolo italiano, dopo tre secoli di dominazione straniera. La strada non poteva che essere l’unità, ecco perchè per loro quella bandiera diventò il simbolo della possibilità di emanciparsi dalla sofferenza, dalla miseria, dall’ingiustizia. Questo era il loro sogno.
E’ evidente che la grande idiozia che stiamo ascoltando in questi anni, secondo la quale spaccare il Paese sarebbe un modo per renderlo più forte, non solo un discorso miope, è anche storicamente insostenibile. Se guardiamo la cartina d’Italia preunitaria, il regno di Sardegna, il Regno sabaudo, sarebbe una piccola casa reale sotto la Francia. Sarebbe la periferia francese. E cos’altro sarebbe il Lombardo-Veneto, se non la periferia austriaca? E lo Stato Pontificio al centro? Uno stato simbolico. Senza l’Unità d’Italia torneremmo a essere ance oggi la periferia di qualcuno. La centralità e l’unità del Paese avevano un’altra idealità, un altro progetto: “Decidiamo noi del nostro destino”. Chi oggi pensa di poterlo spaccare non fa che arretrare, indebolirci, distruggere quello che era stato un grande sogno: la possibilità di disegnare un destino diverso, il sogno di poter vedere l’unione del Friuli e della Calabria in un’unica lingua, un unico sangue, un’unica patria.


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