sabato 21 maggio 2011

Acqua agli elefanti

AUTORE: Sara Gruen
GENERE: Romanzo

TRAMA:

ONel buio della notte, un ragazzo salta su un treno in corsa senza sapere dove sia diretto. Jacob è uno studente di veterinaria deciso a fuggire da tutto e cambiare vita, e capirà presto di essere finito su un treno davvero particolare. Il destino lo ha portato sul carrozzone del Circo dei fratelli Benzini, sono gli anni Trenta negli Stati Uniti, l’epoca della Grande depressione, ma sono anche gli anni delle spettacolari esibizioni che i circhi itineranti presentano di città in città, con il loro carico di donne-cannone, mostri e fate, nani e animali esotici. Su quel treno la vita di Jacob cambierà per sempre: assunto dallo zio Al, il proprietario, toccherà a lui prendersi cura degli animali. Il ragazzo scopre un mondo regolato da rigide iconicità e racconto. caste, in cui ha ben pochi diritti e molti doveri, e dovrà scontrarsi con personaggi eccentrici come il domatore August, un uomo brutale che maltratta animali e persone. Bersaglio della sua violenza sono la moglie acrobata Marlene, la bellissima stella del circo, di cui Jacob subisce il fascino, e l’elefante Rosie, dolcissima e immensa, che sembra rifiutarsi di obbedire a qualsiasi ordine. Finché non si scoprirà l’unica lingua che davvero è in grado di comprendere…

INCIPIT:
Ho novant’anni. O novantatrè. Una delle due.Quando hai cinque anni tieni conto della tua età mese per mese. Anche dopo i venti sai bene quanti anni hai. Ne ho ventitrè, dici, oppure ventisette. Ma quando hai passato i trente inizia a capitarti qualcosa di strano. Dapprima un semplice intoppo, un istante di esitazione. Quanti anni hai? Oh, ne ho...cominci a dire sicuro di te, ma poti tu interrompi. Stavi per dire trentatrè, ma non è vero. Ne hai trentacinque. E poi ti preoccupo, perchè hai paura che sia l’inizio della fine. E’ così naturalmente, ma passeranno decenni prima che tu lo ammetta.
Inizi a dimenticarti le parole: le hai sulla punta della lingua, ma invece di venir via restano lì. Vai al piano di sopra a prendere qualcosa e quando ci arrivi non ricordi più cosa stavi cercando. Chiamo tuo figlio con il nome degli altri tuoi figli e poi con quello del cane, prima di ricordarti quello giusto. A volte scordi che giorno è. E alla fine ti scordi anche l’anno.
Però io non ho dimenticato molto. E’ più come se avessi smesso di tenere il conto. Abbiamo superato il millennio, questo lo so: tante seccatura, tanta agitazione per niente a causa di quel famoso baco, tutti quei giovani preoccupati che compravano cibo in scatola perchè qualcuno era stato così pigro da lasciare spazio per due cifre invece che per quattro - ma per me può essere successo il mese scorso, oppure tre anni fa. E poi, che importanza ha? Che differenza fanno tre settimane o tre anni o anche tre decenni di crema di piselli, semolino e pannoloni?
Ho novant’anni. O novantatrè. Una delle due.
Giù in strada deve esserci stato un incidente oppure ci sono dei lavori in corso, perchè in fondo c'è un branco di vecchie signore, che sembrano bambine o detenute, incollate alla finestra. Sono filiformi e fragili, con i capelli sottili come nebbia. Quasi tutte hanno almeno dieci anni meno di me, e lo trovo incredibile. Anche se il corpo ti tradisce, la mente si rifiuta di accettarlo.
Sono parcheggiato in corridoio vicino al mio deambulatore. Ho fatto molti progressi da quando mi sono fratturato l'anca, e per questo ringrazio DIo. Per un po' pareva che non avrei camminato più - per questo sono riusciti a convincermi a venire qui - ma ogni due ore mi alzo e faccio qualche passo, e ogni giorno arrivo un po' più in là, prima di sentire il bisogno di fare marcia indietro. Questa vecchia pellaccia è dura a morire.
Ora ce ne sono cinque, vecchie creature dai capelli bianchi accalcate l'una sull'altra, con le dita contorte puntate sul vetro. Aspetto un po' per vedere se se ne vanno. Non lo fanno.
Abbasso gli occhi, controllo che i freni siano inseriti e mi alzo cautamente, reggendomi al bracciolo della sedia a rotelle mentre compio il pericoloso passaggio al deambulatore.
Quando l'ho completato, afferro la gomma grigia delle impugnature e la spingo in avanti finchè i gomiti non sono distesi, per una distanza che corrisponde esattamente ad una piastrella del pavimento. Spingo in avanti il piede sinistro, mi accerto che sia ben saldo e poi trascino avanti l'altro. Spingi, trascina, aspetta, trascina. Spingi, trascina, aspetta, trascina.


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