lunedì 30 gennaio 2012

Tre atti e due tempi

AUTORE: Giorgio Faletti
GENERE: Romanzo Italiano

TRAMA:

"Io mi chiamo Silvano ma la provincia è sempre pronta a trovare un soprannome. E da Silvano a Silver la strada è breve". Con la sua voce dimessa e magnetica, sottolineata da una nota sulfurea e intrisa di umorismo amaro, il protagonista ci porta dentro una storia che, lette le prime righe, non riusciamo piú ad abbandonare. Con "Tre atti e due tempi" Giorgio Faletti ci consegna un romanzo composto come una partitura musicale e teso come un thriller, che toglie il fiato con il susseguirsi dei colpi di scena mentre ad ogni pagina i personaggi acquistano umanità e verità. Un romanzo che stringe in unità fili diversi: la corruzione del calcio e della società, la mancanza di futuro per chi è giovane, la responsabilità individuale, la qualità dell'amore e dei sentimenti in ogni momento della vita, il conflitto tra genitori e figli. E intanto, davanti ai nostri occhi, si disegnano i tratti affaticati e sorridenti di un personaggio indimenticabile. Silver, l'antieroe in cui tutti ci riconosciamo e di cui tutti abbiamo bisogno.

INCIPIT:
Prologo
Quando arrivano loro tutto deve essere a posto.
Loro sono lo Sparviero, il Bambino, il Capo, lo Straniero, il Taciturno, il Nero, il Talento, lo Sfaticato. Sono il Tatuato, il Ragioniere, il Bravo Ragazzo, il Puttaniere, il Marito. A volte l’Omo e il Dotto.
Ci sono anche quelli a cui non ho dato un nome.
Sono ragazzi che stanno salendo con l’eccitazione negli occhi e nei ragionamenti, uomini che stanno scendendo con la delusione nello sguardo, altri arresi alla consapevolezza di avere raggiunto il massimo loro consentito.
C’è chi si accontenta, chi morde il freno, chi non si rassegna.
A volte, quando li sento arrivare, quando li sento imboccare il corridoio e parlare tutti insieme, mi pare che le voci si mescolino e trovino tutte unite la forza di superare il tempo, di estrarre dal passato altre voci che sono a tratti rimbalzate fra queste mura basse e sotterranee, prima di andarsene insieme agli uomini che le contenevano. Qualcuno lascia un buon ricordo, qualcuno un ricordo cattivo. Qualcuno solo una camicia dimenticata nell’armadietto.
Poi ci sono gli Altri.
Arrivano e scendono dal pullman guardandosi intorno, curiosi come se non si fossero mai trovati prima in un posto come questo. A volte hanno l’aria prepotente dei forti, a volte quella dimessa degli ultimi in classi..ca. Ogni volta hanno una maglia con colori diversi. Anche fra di loro individuo i nomi e i caratteri, da come si muovono, da come parlano, da come stanno zitti. Da un’altra parte, in un’altra città, in un altro spogliatoio, vivono le stesse situazioni, mandate a memoria dall’abitudine collettiva e da piccoli singoli rituali. Lo so bene, perché una volta ogni quindici giorni siamo noi a essere gli Altri.
Io sono in giro da trentatre anni, giorno piú, giorno meno. Sono fra i primi ad arrivare e fra gli ultimi ad andarmene. Per forza di cose vivo de..lato e i ri..ettori emanano una luce che non conosco. O meglio, che non saprei riconoscere.
D’altronde, dove stiamo noi, le luci sono un poco piú smorzate, le grida d’incitamento un poco piú rauche, le scritte sugli striscioni sporadiche e con poca fantasia.
È un mondo fatto d’erba, di calzoncini macchiati di fango o di verde, di righe tracciate con la polvere bianca, di olio per massaggi, di calzini bagnati, di ferite e infortuni. Esplosioni di esultanza, urla d’incitamento, grida di rabbia. Bestemmie di cui a volte si capisce l’intenzione ma non il signi..cato, perché sono dette in una lingua che non conosci. E, nonostante le pulizie accurate, nell’aria rimane sempre un leggero odore di umido e sudore.
Questo è il calcio, in genere.
Questa è la Serie B, in particolare. Quella dove tutto avviene di sabato.
Per tanti una giornata qualunque, per altri una giornata speciale. Per qualcuno, una di quelle giornate in cui le streghe non balleranno invano e in cui paiono avverarsi le profezie.
Sono passati trentatre anni, giorno piú, giorno meno. E anche per me, oggi, è arrivata una croce.

Primo

La città, da sempre, aspetta.
Sono i cicli morbidi della provincia, dove tutto arriva con calma, da fuori. Una volta era la
ferrovia, poi sono arrivate le automobili, la televisione, l’autostrada e ora Internet. Ma il senso rimane quello.
L’attesa si è fatta solo un poco piú ansiosa, l’orgasmo un poco piú precoce.
Ci sono ancora dei bar e dei perdigiorno, persone che hanno i soldi e persone che esibiscono soldi che non hanno. Ci sono parole vuote e discorsi pieni di parole, che sovente hanno lo stesso significato. La faccia al sole contende con tenacia spazio alla faccia in ombra.
E viceversa.
Qui, come in altre città simili a questa, in realtà Facebook è sempre esistito.
Contatti fatti di sussurri, sguardi, cose dette di fronte e fatte alle spalle, sedili ribaltati, sesso frettoloso con addosso i calzini, matrimoni, separazioni e ancora matrimoni. I ricchi con i ricchi, i poveri cristi con i poveri cristi. Solo la bellezza è una merce di scambio in grado di sospendere questa cadenza e sovvertire i pronostici. Il pensiero è concentrato e diluito, rarefatto e rappreso, noncurante e permaloso.
Tutti dicono questa città di merda.
Quasi nessuno se n’è andato e quei pochi che lo hanno fatto prima o poi sono tornati. Chi per esibire il successo, chi per leccarsi le ferite. E per spiegare agli altri e nascondere a se stessi i veri motivi per cui non ce l’hanno fatta.
Si ritrovano a parlare della loro vita e della vita in genere nello stesso bar in via Roma o in piazza della Noce, dove le facce conosciute sono sempre di meno e i
..gli degli amici sempre piú grandi e sempre piú numerosi. Insieme, vincitori e vinti, perché la scon..tta e la vittoria hanno in comune in ogni caso una personalità e un vigore. Gli altri, quelli che vivono esistenze in pareggio, hanno facce, vestiti e auto anonime. Stanno da altre parti e sono gente piú da cappuccino che da aperitivo.
Come me.
Questo è piú o meno quello che penso ogni volta che attraverso la città mentre vado o torno dallo stadio. Potrei fare la circonvallazione e metterci molto meno, ma ogni volta mi faccio prendere da una specie di fantasia migratoria e scelgo un percorso fra case, negozi, auto, gente a piedi, in bicicletta o in scooter. Qui l’ora di punta non è mai troppo acuminata e si può viaggiare senza subire furti di tempo. Ora che le rotonde hanno sostituito i semafori e sottratto al mondo una valida occasione per cacciarsi le dita nel naso, tutto scorre abbastanza ..uido, salvo quando l’età o la stupidità sono al volante. A volte le due cose coincidono, come per
me in questo momento. Oggi mi sento molto vecchio e molto stupido, per le cose che ho fatto in passato e quelle che devo fare ora. L’esperienza è una cazzata, una cosa che non esiste, un bacio che non sveglia da nessun sonno. È utile per cambiare una lampadina o imbiancare una stanza o prendere un gatto senza farsi graffiare.
Per il resto, è sempre la prima volta.


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