mercoledì 28 dicembre 2011

Lo Strano Caso Del Cane Ucciso A Mezzanotte

AUTORE: Mark Haddon
GENERE: Letteratura Internazionale Contemporanea

TRAMA:
Quando scopre il cadavere del cane barbone della vicina, Christopher Boone capisce di trovarsi davanti a uno di quei misteri che il suo eroe, Sherlock Holmes, era cosi bravo a risolvere. Perciò incomincia a scrivere un libro mettendo insieme gli indizi del caso dal suo punto di vista. E il suo punto di vista e davvero speciale. Perché Christopher ha un rapporto molto problematico con il mondo: è un ragazzo autistico. Odia essere toccato, odia il giallo e il marrone, non mangia cibi se cibi diversi vengono a contatto l'uno con l'altro, non riesce a interpretare l'espressione del viso degli altri, non sorride mai. Ma adora la matematica e l'astronomia. Scrivendo il suo libro giallo Christopher inizia a far luce su un mistero ben più importante di quello del cane barbone. Come è morta sua madre? Perchè suo padre non vuole che lui faccia troppe domande ai vicini? Per rispondere a queste domande dovrà intraprendere un viaggio iniziatico in treno e in metropolitana, in luoghi e situazioni per lui difficili, approdando a una sorta di età adulta, orgoglioso di sapersi muovere nel mondo caotico e rumoroso degli altri.

INCIPIT:
Mezzanotte e 7 minuti. Il cane era disteso sull'erba in mezzo al prato di fronte alla casa della signora Shears. Gli occhi erano chiusi. Sembrava stesse correndo su un fianco, come fanno i cani quando sognano di dare la caccia a un gatto. Il cane però non stava correndo, e non dormiva. Il cane era morto. Era stato trafitto con un forcone. Le punte del forcone dovevano averlo passato da parte a parte ed essersi conficcate nel terreno, perché l'attrezzo era ancora in piedi. Decisi che con ogni probabilità il cane era stato ucciso proprio con quello perché non riuscivo a scorgere nessun'altra ferita, e non credo che a qualcuno verrebbe mai in mente di infilzare un cane con un forcone nel caso in cui fosse già morto per qualche altra ragione, di cancro per esempio, o per un incidente stradale. Ma non potevo esserne certo.
Aprii il cancelletto di casa della signora Shears, richiudendolo dietro di me. Attraversai il prato e mi inginocchiai vicino al cane. Gli appoggiai la mano sul muso. Era ancora caldo.
Il cane si chiamava Wellington. Apparteneva alla signora Shears, che era nostra amica. Abitava dall'altro lato della strada, due case piú in là, sulla sinistra.
Wellington era un cane barbone. Non uno di quei barboncini tutti bei pettinati, no, uno di quelli grossi. Aveva il pelo riccio e nero, ma quando lo si guardava da vicino ci si rendeva conto che sotto quella cosa arruffata la pelle era di un colore giallo pallido, come quella di un pollo.
Accarezzai Wellington e mi domandai chi l'avesse ucciso, e perché.

Mi chiamo Christopher John Francis Boone. Conosco a memoria i nomi di tutte le nazioni del mondo e delle loro capitali, e ogni numero primo fino a 7507. 
Otto anni fa, quando incontrai Siobhan per la prima volta, lei mi mostrò questo disegno e io imparai che significava «essere tristi», che era come mi ero sentito quando avevo trovato il cane morto.
Poi mi mostrò anche questo disegno
 e io imparai che significava «essere felici», che è quello che mi succede quando leggo delle missioni nello spazio dell'Apollo, oppure quando sono ancora sveglio alle tre o alle quattro di mattina e passeggio su e giú per la strada, fingendo di essere l'unico superstite sulla Terra.
Poi ne disegnò degli altri ma io non ero stato capace di dire cosa significassero.
Chiesi a Siobhan di disegnare tante di queste facce e di scrivere vicino a ognuna di esse il loro esatto significato. Conservavo quel foglietto in tasca e lo tiravo fuori tutte le volte che non capivo cosa mi diceva la gente. Però era molto difficile decidere a quale di questi diagrammi corrispondesse l'espressione delle loro facce, perché le facce delle persone cambiano molto velocemente.
Quando lo raccontai a Siobhan, lei prese un pezzo di carta e una matita e mi spiegò che il mio modo di fare probabilmente faceva sentire le persone molto a disagio e poi scoppiò a ridere. Cosí strappai il foglio originale e lo gettai via. E Siobhan mi chiese scusa. E adesso ogni volta che non capisco quello che la gente dice chiedo cosa significa, o mi volto e me ne vado.
Estrassi il forcone, sollevai il cane e lo presi tra le braccia. Perdeva sangue dai buchi delle ferite.
I cani mi piacciono. Si sa sempre cosa passa per la testa di un cane. I suoi stati d'animo sono quattro. Un cane può essere felice, triste, arrabbiato o concentrato. E poi i cani sono fedeli e non dicono bugie perché non sanno parlare.
Stringevo il cane ormai da 4 minuti quando sentii l'urlo. Alzai gli occhi e vidi la signora Shears correre verso di me dalla veranda. Indossava un pigiama rosa e una vestaglia. Le unghie dei piedi erano dipinte di un rosa brillante ed era scalza.
- Che cazzo hai fatto al mio cane? - strillava.
Non mi piace quando qualcuno mi urla in faccia. Sono terrorizzato all'idea che possa colpirmi o toccarmi e non capisco cosa sta per succedere.
- Lascia stare quel cane, - continuava a gridare. - Lascia stare quel cane, per l'amor di Dio.
Appoggiai il cane sul prato e mi allontanai di 2 metri.
 Lei si chinò. Pensavo che l'avrebbe preso in braccio, ma non lo fece. Forse si era accorta di tutto quel sangue e non voleva sporcarsi. Invece ricominciò a urlare.
 Mi misi le mani sulle orecchie, chiusi gli occhi e rotolai in avanti finché non mi ritrovai accovacciato per terra con la fronte premuta contro l'erba. Il prato era bagnato e freddo. Si stava bene.
Questo libro è un giallo.
Siobhan una volta mi ha detto che avrei dovuto scrivere qualcosa che mi sarebbe piaciuto leggere. La maggior parte dei libri che leggo parlano di matematica o di scienza. I romanzi non mi piacciono. Nei romanzi le persone dicono frasi del tipo: «In me scorrono venature di ferro e d'argento, striate del piú miserevole fango. Il mio spirito non può essere contenuto nel pugno serrato che coloro le cui azioni non dipendono dalle passioni vorrebbero poter trattenere». Che significa? Io non lo so. E neanche mio padre. E neppure Siobhan o il signor Jeavons. Gliel'ho chiesto.
Siobhan ha lunghi capelli biondi e un paio di occhiali di plastica verde. II signor Jeavons profuma di sapone e porta scarpe marroni, ognuna delle quali ha circa 60 minuscoli fori circolari.
Però i gialli mi piacciono. Cosí ho deciso di scriverne uno.
In un giallo qualcuno deve scoprire chi è l'assassino e poi prenderlo. È come un rompicapo. E se è un rompicapo ben congegnato, qualche volta si può trovare la risposta prima di arrivare alla fine.
Siobhan mi ha detto che un libro dovrebbe cominciare con qualcosa che catturi l'attenzione del lettore. Ecco perché ho iniziato col cane. Ho iniziato col cane anche perchè ho trovato questo libro nella biblioteca locale una volta che mia madre mi ha accompagnato in centro. Perché si tratta di una cosa successa a me, e trovo difficile immaginare cose che non mi siano capitate personalmente.
Siobhan ha letto la prima pagina e ha detto che il mio libro era diverso. Ha messo questa parola tra virgolette indicando le due lineette ricurve con l'indice e il medio. Ha detto che in un giallo di solito sono delle persone a morire. Le ho spiegato che nel Mastino dei Baskerville vengono uccisi due cani, il mastino stesso e lo spaniel di James Mortimer, ma Siobhan ha obiettato che non sono loro le vittime designate, ma Sir Charles Baskerville. È cosí perché il pubblico è piú interessato agli uomini che ai cani, e quindi se nel libro viene assassinata una persona, si è sicuramente più invogliati ad andare avanti.
Ho detto che volevo parlare di una cosa che era successa veramente e che sapevo di qualcuno che era morto, ma nessuno che fosse stato ucciso, a eccezione del padre di Edward, un mio compagno di scuola, il signor Paulson; però quello era stato un incidente - era scivolato accidentalmente - e non un omicidio, e poi lo conoscevo appena. Ho detto anche che a me piacevano di piú i cani perché erano fedeli e onesti, e che alcuni di loro erano piú in gamba e più interessanti di molte persone. Steve, per esempio, che viene al centro il giovedí, ha bisogno che qualcuno lo aiuti a mangiare, e non sarebbe neanche capace di riportare un bastoncino. Siobhan mi ha chiesto di non dirlo alla madre di Steve.
Poi arrivò la polizia. A me piace la polizia. Portano delle uniformi con sopra dei numeri e si sa sempre perché fanno quello che fanno. C'erano una donna poliziotto e un poliziotto. La donna poliziotto aveva un buchino nelle calze dalla parte della caviglia sinistra, da cui si intravedeva un graffio di colore rosso al centro. Una grossa foglia arancione stava incollata alla suola di una delle scarpe del poliziotto e faceva capolino di lato.
La donna poliziotto abbracciò la signora Shears e la condusse verso casa.
 Sollevai la testa dall'erba. 
II poliziotto si inginocchiò vicino a me e disse: - Puoi dirmi cosa sta succedendo, giovanotto?

Mi misi seduto e risposi: - II cane è morto.
- Fin qui c'ero arrivato anch'io.

- Penso che qualcuno abbia ucciso il cane, - continuai.

- Quanti anni hai? - mi chiese.

- 15 anni, 3 mesi e 2 giorni, - risposi.

- E cosa stavi facendo, per l'esattezza, in giardino?

- Tenevo il cane in braccio.
- E perché lo tenevi in braccio?

Quella sì che era una domanda difficile. Avevo voglia di farlo, tutto qui. I cani mi piacciono.
E mi sentivo triste, a vedere quel cane morto.
Anche i poliziotti mi piacciono, e avrei voluto rispondere a quella domanda nel migliore dei modi, ma il poliziotto non mi diede il tempo per elaborare la risposta giusta.

- Allora, perché tenevi quel cane in braccio? - mi chiese per la seconda volta.

- Mi piacciono i cani.
- Sei stato tu a ucciderlo?
- Non l'ho ucciso io, - risposi.

- È tuo questo attrezzo?
- No, - risposi.

- Sembri sconvolto, - disse.

Mi stava facendo troppe domande, e tutte troppo in fretta. Si accatastavano dentro la mia testa come fanno le pagnotte nella fabbrica dove lavora lo zio Terry. In quella fabbrica producono il pane e lui aziona le macchine che lo affettano. E anche se qualche volta l'affettatrice è un po' lenta, il pane continua a uscir fuori e alla fine si blocca tutto. Qualche volta penso al mio cervello come a una macchina, ma non sempre come a un'affettatrice per il pane. In questo modo è più semplice spiegare agli altri come funziona.
Il poliziotto ripeté: - Te lo chiedo ancora una volta...
Mi rannicchiai di nuovo sul prato, premetti la fronte per terra e dalla bocca mi uscí quel suono che mio padre definisce una cosa mista tra un gemito e un lamento. Emetto questo suono quando ci sono troppe informazioni dall'esterno che mi si ammucchiano nel cervello. È come quando sei triste e tieni la radio appiccicata all'orecchio sintonizzata tra una stazione e l'altra, e ti arriva soltanto un rumore indistinto, e allora alzi il volume talmente forte che non riesci a sentire nient'altro e in quel momento sai di essere al sicuro perché non senti nient'altro.
Il poliziotto mi afferrò per un braccio e mi sollevò in aria. 
Il modo in cui mi toccò non mi piacque per niente.
 Fu allora che lo colpii.
Il mio non sarà un libro divertente. Non sono capace di raccontare le barzellette o fare giochi di parole perché non li capisco.
Eccone uno, come esempio. Uno di quelli che racconta mio padre. Aveva la faccia un po' tirata, ma solo perché aveva chiuso le tende.
 So perché dovrebbe far ridere. Gliel'ho chiesto. È perché il verbo tirare in questa frase ha due significati diversi: 1) essere tesi, esausti, 2) tirare le tende, e il significato 1 si riferisce solo all'espressione del viso, il 2 soltanto alle tende.
Se cerco di ri-raccontarmi questo gioco di parole mentalmente, cercando di pensare ai due diversi significati del verbo, per me è come ascoltare due differenti brani musicali allo stesso tempo; mi sento a disagio e fuori posto come quando mi arriva quel rumore indistinto di cui parlavo prima. È come se due persone diverse mi parlassero tutte insieme contemporaneamente di due argomenti diversi.
Ed ecco perché in questo libro non ci saranno giochi di parole.


2 commenti:

  1. il libro è senza dubbio bello...

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  2. però nn leggete prima come finisce vi rovinerete i colpi di scena e poi si che diventera noioso...quindi leggetelo prima come me...e vi piacerà...almeno a me mi è piaciuto a voi nn so...

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